lunedì 23 novembre 2009

Di' di no



da:www.saynotoviolence.org


Mercoledi' sara' la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Qualche dato per vedere a che punto stiamo:

Le Nazioni Unite stimano che una donna ogni tre nel mondo e' picchiata o abusata nel corso della sua vita, e che circa 4 milioni di donne e ragazze sono trafficate per prostituirsi, per venire sposate contro la propria volonta' o per schiavitu' vera e propria. 60 milioni di ragazze "mancano" per via di aborti selettivi, e infanticidi.

Inotre

- Il 29% delle donne in Canada riporta di aver subito abusi da familiari
- Nei Territori Occupati Palestinesi circa il 25% delle donne sono abusate fisicamente almeno una volta l'anno
- In Ucraina gli abusi sulle donne sono causa di un totale di 100 000 giorni di ospitalizzazione ogni anno
- In Bangladesh il 50% di tutti i delitti e'costituito da uxoricidi (omicidio di mogli da parte dei mariti)
- Lo stupro e' ormai ovunque una vera e propria arma di guerra, in Congo, per esempio, i dati suggeriscono che lle donne stuprate siano state 200 000, in Rwanda le valutazioni oscillavano tra 250 000 e 500 000

Pero', le donne non sono solo vittime abusate, picchiate e trafficate. Ovunque i loro diritti sono calpestati, ma ovunque resistono:

le ex Comfort Women a distanza di 60 anni continuano a lottare per ricevere le scuse officiali del governo giapponese,

Eve Ensler ci ricorda che cio' che abbiamo tra le cosce non e' necessariamente la nostra dannazione,

Say No to Violence mostra gli sforzi fatti per combattere la violenza contro le donne,

finalmente vi sono organizzazioni di uomini che si uniscono alle donne per combattere quella che si' al contrario di altre, e' una vera e propria pandemia.

giovedì 19 novembre 2009

Un giorno di cacca



Sembra un po' troppo prosaico celebrare il World Toilet Day, ma pensandoci bene:

  • 2.5 miliardi di persone non hanno accesso a latrine, con rischi per la salute e con un poco piacevole impatto sulla dignitaà personale. Ogni anno 1.8 milioni di persone, soprattutto bambini, muoiono per le conseguenze di mancanza di latrine, fognature, etc.
  • anche nei paesi ricchi ci sono problemi legati alle toilettes, che nel caso di bagni pubblici non sono igieniche e le fognature possono contaminare i corsi d'acqua


Per saperne di più qui.

mercoledì 18 novembre 2009

25 novembre - Giornata internazionale per l'Eliminazione della Violenza sulle Donne

L'appello "Da Uomo a Uomo" dell'organizzazione Maschile plurale


Sono un uomo e vedo la violenza maschile intorno a me. Vedo anche, però, il desiderio di cambiamento di molti uomini.

Scelgo di guardare in faccia quella violenza e di ascoltare quel desiderio di cambiamento. So che quel desiderio è una risorsa per sradicare quella violenza.

Di fronte alle storie di mariti che chiudono le mogli in casa o le ammazzano di botte, di fidanzati che uccidono per gelosia le proprie ragazze, di uomini che aggrediscono o stuprano donne in un parco o in un garage, non penso "Sono matti, ubriachi o magari i soliti immigrati !", non mi viene da dire: "Quella se l'è cercata!". Tutto questo mi riguarda, ci riguarda.

Quando sento giudicare gli immigrati come una minaccia alle "nostre donne" ricordo che la violenza contro le donne non nasce nelle strade buie, ma all'interno delle nostre case, ed è opera di tanti uomini, italiani e non, che picchiano e uccidono le "proprie" donne.

Quando osservo l'ironia, il disprezzo, la discriminazione che precedono la violenza contro lesbiche e gay non penso: "Facciano quel che gli pare, ma a casa loro". So che mi riguarda, ci riguarda: quell'ironia e quel disprezzo li conosco fin da piccolo, sono una minaccia per chi non si comporta "da uomo".

La libertà di amare chi vogliamo e come vogliamo o è di tutti o non è di nessuno.

Quando penso alle donne, spesso straniere, costrette a prostituirsi, prive di diritti, alla ricerca di difficili vie di uscita, non penso che "rovinano il decoro delle città". Vedo nella loro vita l'effetto di un razzismo che avanza. La prostituzione, scelta od obbligata, parla innanzitutto dei nove milioni di clienti italiani e della sessualità maschile ridotta alla miseria dello sfogo e del consumo.


Credo che la violenza contro omosessuali e trans, la diffusa richiesta di ordine e sicurezza, la crescente ondata di disumanizzazione dei migranti, il razzismo, l'egoismo dilagante, abbiano a che fare con le relazioni tra i sessi: la paura e il disprezzo verso le differenze sono una tossina che avvelena la nostra società. Ogni giorno sento il richiamo verso ogni uomo ad essere complice di questa cultura e ad aderire all'ideologia della mascolinità tradizionale.

Sono stanco della retorica della patria, del nemico e dell'onore, della virilità muscolare e arrogante.


Quando assisto dell'ostentazione di sé da parte di chi usa soldi e potere per disporre delle donne, sento che quell'ostentazione è misera, squallida e anche triste. Sono secoli che gli uomini comprano, impongono, ricattano e scambiano sesso per un posto di lavoro o per denaro. La novità sta nel vantarsene, strizzando l'occhio agli altri uomini in cerca di complicità. Non ci stiamo, e non per invidia o moralismo. Non ci interessa l'alternativa tra il consumo del corpo delle donne e l'autocontrollo perbenista.

Al potere preferiamo la libertà, la libertà di incontrare il desiderio libero delle donne, compreso, eventualmente, il loro rifiuto.


Quando il disprezzo per le donne, l'ostentazione del potere e le minacce contro i gay e gli stranieri diventano modelli di virilità da usare a scopi politici, capisco e sento che devo e dobbiamo reagire: come uomini prima ancora che come cittadini.


Sentiamo la responsabilità di impegnarci, come uomini, contro la violenza che attraversa la nostra società e le nostre relazioni.

Non vogliamo limitarci alle "buone maniere" e al "politicamente corretto". Non ci sentiamo "protettori" né "liberatori". Sappiamo che le donne non sono affatto "deboli".

La loro libertà, la loro autonomia, nel lavoro, nelle scelte di vita, nella sessualità, non sono una minaccia per noi uomini e nemmeno una concessione da far loro per dovere. Sono un'opportunità per vivere insieme una vita più libera e ricca.

Non ci basta dire che siamo contro la violenza maschile sulle donne. Desideriamo e crediamo in un'altra civiltà delle relazioni tra persone, una diversa qualità della vita, libera dalla paura e dal dominio. Vogliamo vivere una sessualità che sia altro dalla conferma della propria virilità e del proprio potere.

Molti uomini hanno finora vissuto questo tentativo di cambiamento individualmente, cercando un modo nuovo di essere padre, una diversa relazione con la propria compagna, un modo diverso di stare con gli altri uomini, un rapporto diverso con il lavoro. Questa ricerca è però spesso rimasta solitaria e invisibile, senza parole. Vogliamo esprimerci in prima persona, vogliamo che il desiderio di libertà e di cambiamento di migliaia di uomini diventi un fatto collettivo, visibile, capace di parlare ad altri uomini.

il 21 novembre a Roma, in Piazza Farnese, dalle ore 15,30 alle 19,30

un'iniziativa nazionale aperta a uomini e donne

di MASCHILEPLURALE

per informazioni e adesioni contattare info@maschileplurale.it

martedì 17 novembre 2009

Quanto sei brava in matematica?


Immagine presa qui.


Peter Dizikes, del MIT, dice che e' l'ambiente, e non i geni, a renderci brave (o no) in matematica. Lo dice in questo paper che ha avuto l'idea di scrivere dopo aver partecipato con la figlia ad una competizione di matematica per studenti e studentesse delle medie.

Cosa fa si che le ragazzine riescano bene in matematica, al di la' degli stereotipi di genere? La presenza di piu' donne in campo scientifico aiuterebbe a combattere gli sterotipi? E il Matilda effect, di cui si parla anche qui, scomparira' un giorno o l'altro?

lunedì 16 novembre 2009

Le donne nell'economia globale

Sul sito dell'International Museum of Women c'e' una bellissima esposizione on line sulle donne nell'economia globale: Economica: Women and the Global Economy. Podcasts, forum e slideshows sula contributo delle donne all'economica globale.

Alcuni fatti dal sito (con indicazione delle fonti) che danno un'idea del contributo delle donne all'economia mondiale:

  • Le donne sono responsabili della produzione del 60%-80% del cibo a livello mondiale.
  • Il valore totale del lavoro NON pagato svolto dalle donne in famiglia o in fattorie e' quantificabile in un terzo del prodotto interno lordo di tutto il mondo.
  • In Austria, Canada, Thailandia, Stati Uniti, piu' del 30% di tutte le attivita' commerciali appartengono o sono operate da donne. In Thailandia la percentuale sale al 40%.

giovedì 12 novembre 2009

Chi fa notizia?



Il 10 novembre ha avuto luogo il quarto Global Media Monitoring Project (GMMP).

Durante questa giornata attivisti ed accademici in tutto il mondo hanno analizzato la diversa rappresentazione di donne e uomini nelle News (giornali, televisione, etc.)a livello mondiale.

I risultati del monitoraggio del 2005 hanno rivelato che le donne nelle news sono per lo piu' invisibili: quattro persone su 5 rappresentate nelle news stories sono uomini, e solo nel 10% delle storie le protagoniste sono donne.

Che cosa sara' cambiato in cinque anni?

mercoledì 11 novembre 2009

Prima donna lesbica vescovo in Svezia

Si chiama Eva Brunne, è sposata con la propria partner ed ha un bambino di tre anni.
Ha dichiarato: "It is very positive that our church is setting an example here and is choosing me as bishop based on my qualifications, when they also know that they can meet resistance elsewhere". La notizia su google news

Vista dall'Italia, è pura fantascienza.

martedì 10 novembre 2009

La Madonna e' Trans (ed e' discriminata)



Mentre qui  ci si scanna per il crocifisso, in Spagna COGAM, collettivo di Madrid, ha realizzato un calendario per il 2010 a sfondo religioso dove la Vergine Maria e' rappresentata da una attivista trans, Carla Antonelli.

L'autrice del post di Bitch Magazine da cui ho preso la notizia segnala il fattore sovversivo legato alla  rappresentazione di  immagini sacre da parte di persone transgender. Le immagini hanno ovviamente scatenato polemiche: e' sovversivo o offensivo? Era necessario usare delle pose sexy in un ambito religioso? Si ritorcera' contro la comunita' trangender?

Al di la' delle polemiche, l'autrice sottolinea la necessita' per le femministe di vedere transgender, drag queens e tutti coloro che non si riconoscono nella tradizionale dicotomia maschio/femmina come alleati e non come entita' ambigue, "finte donne" da cui prendere le distanze

Del calendario parla anche queerblog.it. qui

Su un'altra nota, la Equality and Human Rights Commmission ha pubblicato il Rapporto "Trans Research Review" sulle discriminazioni subite da persone trans in Gran Bretagna: secondo il report, il 73% delle persone intervistate ha subito almeno una volta molestie di vario tipo.

Nell'Europa dei 27, la situazione non e' molto diversa: secondo un rapporto pubblicato nel 2008 sull'omofobia e discriminazione basate sull'orientamento sessuale, non solo a livello europeo ci sono "buchi"  nelle legislature nazionali per quanto riguarda i diritti delle persone  trangender, ma secondo quanto dichiarato da Thomas Hammerberger commissario per i diritti umani del Consiglio d' Europa: a "There is hardly any area where discrimination does not take place" e che "[la discriminazione] comincia con le condizioni sociali e legali che vengono imposte per cambiare genere. In molti paesi, c'e' l'obbligo di intraprendere una terapia ormonale, o un'operazione chirurgica per ottenere un riconoscimento ufficiale di riassegnazione di genere. Solo in pochi stati, come Spagna, Ungheria e Gran Bretagna, questo requisito non esiste" (traduzione mia da qui).

A fronte di un forte pregiudizio contro le persone trans, il calendario potra' fare ben poco, ma l'inclusione di queste immagini in un prodotto mainstream come il calendario (e come la religione) possono rappresentare un piccolissimo passo avanti per affrontare e combattere i nostri stessi pregiudizi.

venerdì 6 novembre 2009

The bloody mess




Ovulazione, sindrome premestruale, mestruazioni: tutto in un solo, magnifico poster.

via Happy things via I heart guts.

giovedì 5 novembre 2009

Donne in bicicletta



Immagine presa qui.


Dove pedali, perche' e se ti senti sicuro/a a pedalare dipende anche dal genere. Come rileva il post "More gender gap analysis from the Media" dal blog
Let's go ride a bike,, uomini e donne si spostano con la bici o con altri mezzi per fare cose diverse.

In particolare, le donne, essendo spesso responsabili per commissioni varie, accompagnamento bambini etc. tendono ad effettuare movimenti piu' brevi e frequenti.
Inoltre la loro percezione della sicurezza e' diversa da quella maschile.

Per questo motivo, la creazione di nuove piste ciclabili deve tenere conto di questi aspetti, al fine di servire al meglio uomini e donne.

Questo approccio "gender sensitive" ripropone in parte i risultati di altre analisi fatte sulla relazione tra genere e trasporti: alcune risorse qui e qui.

Insomma, veramente tutto, anche una pista ciclabile, puo' avere un impatto diverso su uomini e donne.

mercoledì 4 novembre 2009

Polyamory

Nella rete si continua a parlare di polyamory, dando definizioni diverse, come per esempio "ethical non monogamy", infatti con polyamory si intende avere contemporaneamente piu' relazioni con persone diverse, con pieno consenso di tutte le persone coinvolte.

La polyamory scatena una serie di domande sul significato della monogamia, se davvero sia un valore per se' o semplicemente qualcosa che e' stato imposto dalla societa', se davvero sia possibile amare piu' persone comtemporaneamente e soprattutto se sia possibile gestire un reticolo di relazioni che spesso coinvolgono anche figli e figlie. Come riporta un articolo della CNN, spesso la polyamory viene ribattezzata "polyagony" a causa del lavoro che ci va a mantenere tutto in equilibrio.

Con pragmatismo tutto americano, sui vari siti web e blogs sul tema, della polyamory si affrontano non solo gli aspetti romantici o sessuali, ma anche quelli legali, legati per esempio alla custodia dei figli e delle figlie, ed a questioni di eredita'

Sotto un breve video su una fiction creata da persone che anche nella realta' sono polyamoristi.



Insomma, forse la monogamia non e' per tutti e tutte e anche se non ci si sente di sperimentare in prima persona, questo stile di vita e gli interogativi che pone puo' aiutare a riflettere sulla nostre relazioni.


Di polyamory, o poliamore, si parla un po' anche su siti italiani, ma le risorse piu' complete sono in inglese.

Poliamore
Love more
Poly in the media
Practical Polyamory

lunedì 2 novembre 2009

La metà

Il rapporto "A Woman's Nation"celebra il fatto che finalemente le donne americane rappresentano il 50% della forza lavoro negli States, affermando che la battaglia dei sessi e' finita. Tuttavia, messo via lo champagne e passata la sbornia, e' meglio guardare bene cosa c'e' dietro ai numeri. In teoria abbiamo una situazione di eguaglianza di genere (cioe' pari diritti e piena partecipazione di uomini e donne alla vita economica del paese), ma in pratica ne siamo ben lontani, sia negli USA e in Italia, dove le donne rappresentano il 46% della forza lavoro (una delle percentuali piu' basse d'Europa).

Come osserva Jen Nedeau su Change.org ,
negli USA il lavoro delle donne "viene via" a poco,in quanto una donna gudagna 77 cents per ogni dollaro guadagnato da un uomo, anche in Europa il gap nei salari e' ancora intorno al 15%, inoltre, le donne sono meno propense a chiedere aumenti salariali e restano a lungo in posizioni inferiori, dove sono meno pagate. Senza menzionare altre questioni che possono fare del lavoro delle donne una vera e propria corsa ad ostacoli, piu' che strumento di realizzazione personale, come per esempio difficolta' legate alla maternita', al part time, etc.

Lo stesso ritornello dell'aumentata partecipazione delle donne alla forza lavoro viene ripetuto per celebrare i successi della globalizzazione nel sud del mondo: vero e' che tante donne che in passato non avrebbero potuto mettere piede fuori di casa adesso lavorano e probabilmente traggono sostentamento e magari una certa soddisfazione dal proprio lavoro, ma se guardiamo bene che genere di lavoro le donne svolgono a livello globale, ed in quali condizioni, c'e' spesso da mettersi le mani nei capelli. Chandra Mohanty, nel suo saggio “Women Workers and the Politics of Solidarity”, osserva che “Third World” women’s work is also characterized by “ideas of flexibility, temporality, invisibility and domesticity” per cui il lavoro delle donne e' di fatto un bacino di lavoro sottopagato basato su una visione stereotipata di categorie come il genere e la razza.

Senza contare che, sebbene durante la Conferenza ONU sulle donne di Pechino, nel lontano 1995, i paesi componenti delle Nazioni Unite siano stati invitati a conteggiare nel prodotto interno lordo nazionale il lavoro domestico (produrre cibo, pulire, curare figli/e e anziani/e, etc.) svolto per lo piu' dalle donne e NON pagato benche' sia indispensabile per la ripruduzione della societa', siamo ancora lontani da una adeguata incorporazione nelle statistiche nazionali e da una valutazione monetaria di tale lavoro, che fa tra l'altro risparmiare parecchio agli stati nazionali.

Quindi, numeri a parte, sarebbe meglio riflettere su cosa cosa e' il lavoro delle donne e finalmente smettere in pratica il famoso gender mainstreaming guardare al genere, alle diverse esperienze di uomini e donne nel mondo del lavoro e cambiare il mondo del lavoro stesso, ridefinendolo in modo da renderlo un po' piu' accogliente e giusto per tutti.

venerdì 30 ottobre 2009

Frivolous Feminist Friday: corteggiamento negli anni 30

Problemi con il corteggiamento? Niente paura, dal passato arrivano preziosi suggerimenti.



Qui altre foto. Via Change.org.

giovedì 29 ottobre 2009

Burka e burkini tra integrazione e tradizione



Su Reset - Dialogues on Civilizations,
una mini intervista a Enzo Pace, docente presso l’Università di Padova ed esperto di sociologia delle religioni, su burka, burkini e processi di integrazione a livello europeo. Intanto, in Egitto, paese islamico che si e' sempre considerato tollerante e moderno, lo stesso "Grand Imam" sta pensando di bandire il velo che copre tutto il viso, sempre piu' comune in Egitto. Ma il trend e' il riflesso di un paese piu' religioso o semplicemente piu' tradizionalista?
Quiqualche opinione, e qui qualche risorsa sul velo (piu' la mia personale opinione...).

mercoledì 28 ottobre 2009

Donne e sviluppo economico

Lunedi' e' stato presentata l'edizione 2009 della
World Survey on the Role of Women in Development (United Nation Division for the Advancement of Women) il cui tema e' il controllo delle donne sulle risorse economiche e sull'accesso alle risorse finanziarie, tra le quali la microfinanza.

Considerato che secondo dati delle Nazioni Unite le donne svolgono circa i due terzi del lavoro globale (pagato e non pagato) e che pero' ricevono solo un decimo del reddito globale e posseggono solo un centesimo della proprieta' (terra, ed altre risorse), si capisce come questo tema sia di fondamentale importanza.

Un punto fondamentale del report e' che " le politiche che rafforzano il controllo delle donne su risorse fondamentali hanno un impatto diretto sull'"empowerment" femminile e anche sui processi di sviluppo. Inserire queste politiche nell'ambito del diritti [umani], assicura che questo controllo [sulle risorse economiche] non sia lasciato alla discrezione ....dello stato, o delle fluttuazioni del mercato, ma sia un diritto dei cittadini" (traduzione mia da qui).


Quiun breve elenco dei punti fondamentali del report.

martedì 27 ottobre 2009

Violenza domestica: ruoli di genere e campanelli

La "White Ribbon Campaign,"
diffusa ormai in circa 55 paesi, tra cui l'Italia, porta avanti attivita' di sensibilizzazione della comunita', lavora nelle scuole con i ragazzini e le ragazzine sulla violenza contro le donne.

Il sito della campagna in Pakistan, per esempio, sottolinea che " gli uomini non nascono violenti", enfatizzando la necessita', anche per gli uomini, di riconoscere che i ruoli di genere sono definiti dalla societa', non sono naturali, e come tali possono essere modificati. Cosi' come le donne faticosamente tentano (e riescono) di liberarsi dalle pressioni sociali che le vogliono di solito madri e mogli, sottomesse, etc. cosi' gli uomini possono combattere gli stereotipi che li vogliono "machi" e violenti.

Anche se non credo sia necessariamente facile lavorare insieme su determinati temi, questo approccio finalmente sposta l'attenzione dalle vittime ai perpetratori di violenza e soprattutto e' un approccio che promette di avere un impatto sul lungo periodo, cambiando le relazioni tra uomini e donne e proponendo un nuovo modello di comportamento per le generazioni future.
I progetti che coinvolgono gli uomini sono relativamente recenti, ed e' ancora difficile valutarne gli effetti, ma sempre piu' attivisti nel campo si stanno orientando verso questa soluzione.

In India, dove circa una donna ogni tre e' vittima di violenza domestica, e' stata recentemente avviata una campagna che prevede il coinvolgimento degli uomini:
Bell Bajao (Ring the Bell!)
Secondo l'articolo India's Domestic Violence Campaign Asks men to be Part of the Solution, la campagna, che si avvale di spots, sito web e leadership trainings, ha il merito di avere come target uomini e donne, puntando ad una maggiore sensibilizzazione al tema della violenza e invitando uomini e ragazzi - come per esempio negli spots - ad intervenire, semplicemente suonando il campanello.

lunedì 26 ottobre 2009

domenica 25 ottobre 2009

Matrimonio - tra personale, politico e femminismo



foto presa qui.

Kissinger un giorno disse che "Nobody will ever win the Battle of the Sexes. There's just too much fraternizing with the enemy". Sulla stessa linea, alcune femministe radicali americane, soprattutto negli anni 60 e 70, scrissero che essere lesbica era a quel punto una decisione politica. Nel frattempo, qualcosa e' cambiato: alla second wave si e' sosritutita una piu' morbida third wave che giustamente combatte il sistema patriarcale ma forse demonizza meno i singoli uomini, specie quelli che fanno parte della nostra vita, che magari sposiamo anche.

Ma come si presenta il connubio matrimonio e femminismo? Puo' una femminista sposarsi, magari anche in modo tradizionale, senza che le sue decisioni siano scrutinate pesantemente? Femminismo e matrimonio cozzano sempre? Onestamente, il dilemma me lo pongo anch'io nel mio piccolo: sposarmi mi renderebbe la vita molto piu' facile, ma d'altro canto mi secca che la fruizione di una serie di diritti scrosanti sia legate all'istitutione matrimonio, che nella maggior parte del mondo e' accessibile solo agli eterosessuali. Le battaglie delle "same-sex couples" per il matrimonio mi hanno sempre lasciate un po' perplessa, in quanto abolirei l'istituzione tout court a favore di altre forme "contrattuali", ma capisco anche che la mia e' una posizione privilegiata, e che il matrimonio gay ha una valenza importante, che certamente trasformerebbe l'istituzione stessa.

Tornando alle nostre femministe,Jessica Valenti blogger e scrittrice femminista americana, si e' sposata. Un matrimonio femminista, che rifletteva i valori della coppia: scambio di voti "progressista", donazioni ad organizzazioni che combattono per i diritti gay, il banchetto al matrimonio con cibi rigorosamente "local" etc. Ciliegina sulla torta (e arma mortale in mano ai critici della Valenti) la cerimonia viene seguita e documentata dalla mitica sezioni matrimoni"del NY Times della domenica. Il matrimonio e' diventato per alcuni critici la misura delle credenziali della Valenti, non "vera femminista". Tanto che lei ha risposto alle critiche con un post dal titolo decisamente eloquente:Well, I'm damn sure never getting married again rivendicando il fatto di non essere un "manifesto" del femminismo, ma una persona in carne ed ossa, che quindi prende le sue decisioni seguendo principi che non sono solo legati al suo essere una femminista. La sua risposta offre interessanti spunti per riflettere su privilegio e classe sociale nell'ambito del matrimonio.

A me pero' interessa di piu' l'articolo "Reflections on marriage" apparso su "The Nation" che offre instressanti spunti sull'istituzione matrimonio per determinati gruppi sociali, sottlinenado come il matrimonio sia proprio posizionato nell'intersezione tra personale e politico, e sostendo che "il matrimonio e' un diritto civile cruciale [per eterosessuali e non], ma non e' una panacea. Anche mentre lottiamo per il diritto al matrimonio per coppie dello stesso sesso, dobbiamo anche riflettere sul matrimonio stesso come istituzione sociale e politica... e lottare per i pari diritti e sicurezza di coloro che invece scelgono di non sposarsi".

Insomma, al di la' delle scelte individuali, la strada da percorrere e' ancora lunga.

sabato 24 ottobre 2009

Dare to show your face (and your body)




Siccome i discorsi sul corpo femminile non conoscono crisi - vedi ultimi eventi nel nostro paese - mi sono ricordata di un progetto interessante della The Fat Right Coalition, la cui missione e' di promuovere pari diritti e pari opportunita' per tutti/e, indipendentemente dal loro peso o taglia.


La Coalizione fa quindi parte del Fat Acceptance Movement, di cui avevo gia' parlato quiqualche tempo fa, ed ha lanciato recentmente un'iniziativa interessante - "Dare to show your face"- portata avanti su You Tube: persone definite normalmente come obese hanno accettato di aderire al progetto mostrando le proprie curve e parlando del rapporto con il proprio corpo.

Mi ha colpito la sicurezza delle ragazze, che parlano tranquillamente del fatto di essere "ciccione" e dei loro rapporti con gli uomini, sfatando l'immagine stereotipata della povera brutta obesa che nessuno vuole o della cicciona tonta.

Temo che il campione non sia significativo, ma e' gia' un passo avanti e rappresenta sicuramente un modello positivo per ragazze e donne obese che vivono male la loro condizione. Personalmente, rimango perplessa sulle conseguenze dell'obesita' sulla salute: alcune ragazze sono molto giovani e dichiarano di essere in buone salute, ma dubito che sia facile rimanere sani/e man mano che si invecchia.

Comunque sia, hanno "osato" mostrare la loro faccia e le loro rotondita' in un mondo dove la magrezza esasperata e' l'ideale dominante, e quindi, chapeau.

giovedì 22 ottobre 2009

I 30 anni di CEDAW



La Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination against Women (CEDAW) compie 30 anni. In questi anni e' stata ratificata da piu' di 186 stati, e tanto per cambiare, invece di parlare di cio' che non va, concentriamoci su alcune "success stories".

martedì 20 ottobre 2009

Quanto costa un aborto?

Secondo il Guttmacher Institute, nelle cosiddette nazioni "in via di sviluppo" curare le conseguenze degli aborti clandestini costa be 341 milioni di dollari. Gli autori dello studio sottolineano poi che "in totale, circa il 15, 25% delle donne che avrebbero bisogno di cure post aborto non accedono ai servizi sanitari, e se lo facessero, i costi raddoppierebbero" (traduzione mia).

Sulla stessa linea, il Guardian riporta che ogni anno muoiono circa 70 000 donne per le conseguenze di aborti clandestini in paesi che hanno regole restrittive sull'interruzione di gravidanza e che sono caratterizzati da una mancanza di accesso a metodi contraccettivi. In Africa Subsahariana il 24% delle donne sposate "soffre di "unmet need for contraception" Qui altri dati.

Ritornando alle nostre 70000 donne, e' come se sparisse ogni anno l'equivalente di una piccola cittadina italiana.

Qulche altra risorsa:

Unsafe Abortion: Why Money Might Matter

International Planned Parenthood

mercoledì 14 ottobre 2009

La mia mano per un water


Immagine presa qui

In India, la cui popolazione totale e' 1,065,070,607 persone, 665 milioni non hanno accesso alle latrine, con tutte le spiacevoli conseguenze del caso: malattie e mancanza di privacy, siccome bisogna trovare un posto tranquillo dove espletare i propri bisogni.
Una geniale campagna, iniziata pochi anni fa, ha avuto l'intuizione di collegare matrimonio e latrine, ed ha fatto si' che nello stato di Haryana nel nord del paese, siano state costruite 1.4 milioni di toilettes. Il legame e' semplice: un buon futuro marito, oltre ad avere tutta una serie di caratteristiche, e' colui che ti costruisce anche un bagno. No bagno, no matrimonio.

Secondo l'articolo "In India, New Seat of power for women" una prima campagna della Banca Mondiale che aveva provveduto alla costruzione di latrine ha avuto poco successo, siccome la popolazione locale finiva per utilizzare le toilettes come ripostigli.
Questo e' un classico esempio di come sia fondamentale intervenire sui comportamenti delle persone perche' si abbia effettivamente un cambiamento in abitudini ormai radicate.
Un simile approccio e' stato usato in varie campagne per promuovere l'abitudine di lavarsi le mani piu' spesso, insistendo praticolarmente sul tema del "disgusto" e dello sporco. Anche in questi casi le donne sono state attivamente coinvolte.

Nel caso dell'India, grazie ad una combinazione di fattori, tra i quali lo squilibrio tra uomini e donne in termini numerici (dovuto anche alla piaga degli aborti selettivi) per cui ci sono molti scapoli che vogliono accasarsi e relativamente poche donne, e grazie anche al miglior livello medio di istruzione femminile, lo slogan "No toilet, no bride", diffuso con una campagna capillare che non ha risparmiato neppure le soap operas, ha avuto un effetto positivo.

Persino a livello sociale gli effetti della costruzione di latrine possono essere importanti: alla casta degli intoccabili tocca in genere tutto cio' che ha a che fare con la pulizia di resti umani, e le latrine potrebbero far si' che sempre meno sia necessaria la loro opera.
Il responsabile di tale successo e' Mr. Pathak, che ha dichiarato: "I tell the government all the time: If India wants to be a superpower, first we need toilets. Maybe it will be our women who finally change that."

Insomma, donne "empowered" da un water, ci sta anche questo.

martedì 13 ottobre 2009

Il denaro conta


Immagine presa qui.

E l'economia ancor di piu'. E siccome parlare di donne non significa sempre parlare di sfighe supreme e di oppressione, celebriamo la prima donna, Elinor Ostrom, che ha vinto il Nobel per l'Economia, seppure condiviso con un collega americano.

Gli studi della Ostrom non hanno a che fare direttamente con tematiche legate alle donne, ma rappresenta comunque una bella vittoria, considerando che le scienze in generale tendono ancora ad essere di dominio maschile.

Il futuro sara' po' piu' roseo? Ci saranno piu' donne che studieranno economia, fisica, matematica? L'economia terra' finalmente conto delle differenze tra uomini e donne?

Esistono studiose che applicano il femminismo all'economiaed in particolare molti studi si concentrano su come le risorse di uno stato, o di una citta' vengano spese tra uomini e donne.

Altre studiose invece si concentrano sulla necessita' di tenere in considerazione il lavoro svolto da tante donne in ambito domestico, che non solo non e' pagato, ma neppure viene considerato come vero lavoro.

Qualche risorsa:

Gender responsive budgeting
Unifem - budgeting for gender equality
Unifem, Women's Unpaid work

lunedì 12 ottobre 2009

La globalizzazione ci liberera'?

Forse si, forse non tutte. Anche se a me la parola globalizzazione evoca immediatamente visioni di cartelloni della C*ca C*la pure in mezzo alla foresta Amazzonica e spietate multinazionali, gli effetti del fenomeno piu' discusso del secolo possono essere inaspettamente liberatori.

Secondo Barbara Supp, autrice di "Quiet Revolution: Can Globalization help women out of Traditional Roles?" "La globalizzazione supera le barriere culturali e veicola immagini ed idee attraverso la televisione e internet: comporta l'espansione delle conoscenze, persone, beni, denaro e valori. Spesso contrasta arcaiche idee sociali che di fatto cementano l'ineguaglianza tra i sessi. La globalizzazione incoraggia le donne in Yemen a togliersi il velo, e da' alle donne europee potere economico."(Traduzione mia).

Naturalmente e' sempre bene chiedersi quali donne beneficiano e quali invece sono vittime della globalizzazione (e se levarsi il velo sia necessariamente un segnale di liberazione), ma di certo l'articolo esercita il suo fascino, raccontando di donne africane che rompono i ruoli di genere tradizionali e decidono di diventare meccanico, di ricche donne d'affari, di imprenditrici del cosiddetto "Terzo Mondo" che rivendicano piu' spazio e piu' potere.

Ma quali sono stati gli effetti della globalizzazione sulle donne? In generale sembra positivi, ma le donne sono ancora notevolmente svantaggiate: le statistiche danno un'immagine piuttosto fosca, specialmente per determinate parti del mondo.

Tuttavia, un risultato di questa sacrosanta attenzione sulle donne, sui loro problemi e sui loro successi quando vengono loro dati gli strumenti, ha aperto la strada ad un trend incentrato sulla "convenienza" dell'investire sulle donne, e sul circolo virtuoso che si innesca quando vengono dati loro strumenti minimi, come testimonia il peraltro bellissimo "The girl effect" o il discusso articolo "The Women's Crusade" apparso sul NY Times.



Mi sembra che nei dicorsi sul ritorno dell'investimento sulle donne, o sulle bambine, siano usate come risorse da sfruttare, e che si perda la questione fondamentale e politica dell'equita' e uguaglianza tra uomini e donne.

Mandare una bambina a scuola e' giusto prima che utile. Ed il problema non sono (solo) le bambine o le donne e la loro mancanza di istruzione, etc, il problema e' un sistema che privilegia sistematicamente gli uomini e che riproduce questa disuguaglianza.

Mi va benissimo che si raccolgano milioni di dollari a favore delle bambine, ma mi sta meno bene che si presti poca attenzione al perche' sono in questa situazione. la discriminazione non e' una cosa che succede cosi', e' qualcosa di costantemente riprodotto nelle societa' in cui viviamo e la responsabilita' del cambiamento e' di tutti, uomini e donne.

giovedì 17 settembre 2009

Nuova agenzia ONU

Finalmente e' stata approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite la creazione di un'unica agenzia che si occupera' dei diritti delle donne. L'agenzia sara' probabilmente costituita a meta' del 2010.

Il segretario generale Ban Ki-moon ha dichiarato che: “An important step has been made in strengthening the United Nations’ work in the area of gender equality and empowerment of women, as well as in ensuring the effective delivery of its operational activities for development, which constitutes the other key components of the resolution”.

Attualmente ci sono 4 agenzie ONu che si occupano di donne: Unifem Unifem, DAW, Office of the Special Adviser on Gender Issues e UN-Instraw.