sabato 5 luglio 2008

Se uno/a non basta: polyamory


Immagine presa in prestito qui

Dico la verità: sono una monogama assoluta. Sono certa che la monogamia non sia un istinto naturale dell’essere umano, e credo che il valore che si dà alla fedeltà derivi soprattutto da imperativi moralistici, ma nun ce la fo. Non mi districherei mai tra più di un uomo e per ora non ho avuto grosse tentazioni.

Chiusa la parentesi personale, apro sulla polyamory, di cui su alcuni blog che leggo si parla molto. Da polis=molti e amor= amore, la polyamory come categoria racchiude tutta una serie di arrangiamenti (tra i quali vi è la coppia aperta) che prevedono che le persone coinvolte in una relazione (spesso eterosessuale) siano libere di intrecciare relazioni sentimentali e anche sessuali con altri individui, che possono portare per esempio una donna o un uomo ad avere tre diversi/e partners e a convivere con due di essi/e, mentre un/una terzo/a lo si incontra solo ogni tanto.

Polyamory in questo senso è un concetto più sofisticato di un tradimento autorizzato, anche perché il fattore sessuale non è predominante, si tratta di amare più di una persona ed essere coinvolti/e in relazioni che possono anche essere a lungo termine. Ciò che mi ha stupito riguardo ad un articolo che ho letto a proposito, è che anche se polyamory rappresenta una trasgressione dell’ideale di famiglia monogama, in realtà alcune delle situazioni riportate danno un’idea di famiglia estremamente “normale”, dove la “regolare” relazione a due tra partners è in un certo senso moltiplicata, perché si possono avere più partners sotto lo stesso tetto che contribuiscono al sostentamento economico della famiglia e si dividono i compiti in casa. Anzi, alcuni siti come Love More danno informazioni e propongono veri e propri corsi per aiutare le persone che si definiscono polyamorous.



I costi emotivi di una tale scelta credo possano essere devastanti nel caso le cose non vadano perfettamente e non ci sia completa sintonia nella decisione di aprire la relazione ad altri; ci sono però dei vantaggi notevoli e onestamente, per me inaspettati, che vanno al di là della soddisfazione a livello sentimentale e sessuale: per esempio, in una famiglia con più partners che vivono insieme si hanno più persone che possono prendersi cura di eventuali figli/e, e si hanno decisamente più risorse economiche.

Mi rimangono però delle curiosità e dei dubbi: per esempio, delle famiglie così costituite riproducono anche i tradizionali ruoli di genere all’interno dell’ambiente domestico? Perché a quanto pare le coppie gay e lesbiche apparentemente vi fanno ricorso meno delle coppie eterossessuali? E conoscere ed eventualmente vivere con l’altro/a non è meglio che sapere di essere traditi/e ma non con chi? Non è un’ulteriore forma di controllo?

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